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Al rientro dalla pausa estiva sono molti gli italiani che lamentano mal di testa, stanchezza, calo dell'attenzione, problemi digestivi, malinconia, nervosismo, sonnolenza e altri leggeri disturbi che sembrano vanificare in breve i benefici delle vacanze appena trascorse. Di che si tratta? Potrebbe essere la cosiddetta “sindrome da rientro”, la depressione post-vacanze in agguato per chi ritorna alla normale routine della vita in città. Il disagio, fortunatamente, è passeggero, ma ci sono alcuni semplici accorgimenti che possono aiutarci a superare più velocemente questi momenti. Ad esempio, ritagliare del tempo da dedicare a se stessi in tranquillità e fare attività fisica all’aperto a livello amatoriale produce un effetto positivo sull’umore e sul sistema immunitario e permette di non interrompere drasticamente i benefici delle nuotate al mare o delle passeggiate in montagna. Non sempre però è facile trovare il modo di conciliare questi due aspetti, soprattutto per chi vive in città. Tuttavia, sempre più comuni in Italia, sia grandi che piccoli, si stanno attrezzando per offrire ai loro concittadini delle particolari aree pubbliche dove poter svolgere un’attività sana e al tempo stesso rilassante: gli orti urbani.

Evasione nel verde cittadino

Che gli italiani siano un popolo dal pollice verde è ormai un fatto assodato: più di un italiano su tre, infatti, dedica parte del proprio tempo libero alla cura delle piante, e sono ben più di 10 milioni le famiglie coinvolte in attività di questo tipo per un totale di 21 milioni di cittadini che stabilmente o occasionalmente coltivano l'orto o curano il giardino. Il verde è vissuto come un momento di evasione, di relax, di ripresa di contatto con la natura, tanto che in città chi non ha uno spazio esterno da dedicarvi arriva persino ad attrezzare la propria terrazza per coltivare erbe aromatiche ed officinali, e persino modeste quantità di frutta e verdura. Per rispondere alle esigenze dei propri cittadini, sono sempre di più i comuni italiani che destinano una superficie crescente di aree verdi ad orti pubblici, dalle grandi città metropolitane, come Roma, Milano, Torino, Genova, ai centri medio-piccoli. Oggi si è raggiunto il record di 1,1 milioni di metri quadri di terreno pubblico divisi in piccoli appezzamenti e adibiti alla coltivazione per uso domestico, all'impianto di orti e al giardinaggio ricreativo. Del resto, il ricordo degli orti come elemento integrante del paesaggio cittadino non è poi così lontano. Per secoli ogni fase di crescita urbana si è accompagnata ad una proporzionata crescita delle aree a coltura anche all’interno delle mura che ne definivano il perimetro e i confini ideali. Gli orti cittadini e gli spazi non edificati erano piuttosto comuni anche nelle grandi città, che vedevano così assicurata una riserva alimentare particolarmente utile in tempi difficili, come guerre e carestie. Un analogo principio ha animato la diffusione degli orti urbani al tempo dell’ultima grande guerra, quando sotto varie denominazioni si promosse la coltivazione di piccoli appezzamenti da parte degli abitanti dei centri urbani in diversi paesi coinvolti dal conflitto.

Ritorno alla terra

Solo in anni recenti dunque le attività connesse alla coltivazione ortofrutticola sono state progressivamente espulse dalle città e relegate all’ambito della produzione economica. Oggi il ritorno alla terra è diventato un’esigenza sempre più sentita da parte di ampie fasce della popolazione e così, grazie alla diffusione degli orti urbani, si riaprono i confini tra città e campagna, tra la sfera del lavoro e quella dello svago. Naturalmente, in questo scorcio di XXI secolo, le motivazioni alla base del ritorno alla terra sono cambiate. Grazie al rifiorire degli orti urbani, infatti, i cittadini hanno a disposizione uno spazio dove coltivare un tempo libero di qualità, dove ritrovare il contatto con la natura e riscoprire il ritmo lento delle stagioni, ma anche dove poter socializzare con persone che condividono la stessa passione per il verde, e mantenersi in forma svolgendo un’attività fisica salutare all’aria aperta. Le numerose iniziative nate in tante municipalità italiane hanno anche l’obiettivo di riportare l’agricoltura in città e di farla conoscere ai tanti che non hanno occasioni di contatto con il mondo agricolo. Naturalmente si tratta di forme di coltivazione su piccola scala in cui il lavoro manuale la fa da padrone: fra gli ortaggi coltivati spesso si prediligono colture della tradizione agricola locale, che fanno riaffiorare alla memoria i profumi e i sapori dell’infanzia, e gli orti urbani diventano così dei piccoli laboratori all’aria aperta dove recuperare varietà autoctone da anni uscite dai grandi circuiti commerciali. Ma il fatto che si tratti di una modalità di coltivazione con metodi tradizionali non significa che i nuovi contadini urbani non abbiano bisogno di tutto quel bagaglio di strumenti teorici e pratici che sono necessari al successo del loro orticello.

BOX: Un investimento per i comuni

Anche per i comuni, la creazione di orti urbani costituisce un investimento di valore a medio e lungo termine, perché consente di mettere a frutto aree normalmente inutilizzate, sottraendole al degrado, al consumo del territorio e al rischio dell’abusivismo. Offrire spazi per la coltivazione ai concittadini appassionati della cura delle piante consente di coinvolgere giovani, famiglie e anziani di diverse estrazioni sociali nella riqualificazione delle aree verdi abbandonate, migliorando il decoro e l’estetica dei quartieri interessati. Non solo, gli orti offrono un importante luogo di aggregazione e forniscono l’occasione per promuovere una nuova educazione civica ispirata alla conoscenza della natura, al rispetto dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio. Del resto anche l’ambiente trae vantaggio dalla diffusione degli orti urbani: la coltivazione intensiva su piccola scala per il consumo personale richiede, infatti, consumi di acqua e di terreno decisamente ridotti e abbatte le emissioni di CO2 per il trasporto.

BOX: Identikit degli orti urbani

Quali sono le caratteristiche che accomunano gli orti urbani? Si tratta di particelle della superficie variabile fra i 40 e i 70 mq, di proprietà comunale, assegnate a singoli ortisti - o a gruppi per gestione collettiva - tramite convenzioni con diverse categorie di soggetti pubblici e privati, quali realtà del terzo settore; associazioni di cittadini; enti e aziende pubbliche o private che operano nell’ambito della responsabilità sociale di impresa. Le convenzioni hanno generalmente una durata massima di qualche anno, con possibilità di rinnovo. Il comune può farsi carico di creare le infrastrutture di base, come quelle di accesso o di fornitura idrica, ed eventuali annessi agricoli, come capanni, ma i costi di allestimento e gestione degli orti sono a carico degli assegnatari. Va da sé che la coltivazione di verdure e ortaggi deve avere come scopo il consumo familiare e non la commercializzazione a fini di lucro.

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